Rinnovo quote sociali e tesseramenti: i diritti degli ex sociPresenza di minori nell’a.s.d. e modifica degli statutiRinnovo quote sociali e tesseramenti: i diritti degli ex soci


Il quesito

Sono numerosi i quesiti che giungono in redazione relativi alle modalità di partecipazione dei minori d’età alla vita associativa del sodalizio sportivo: in questa fase di revisione degli statuti è necessario individuare le possibili soluzioni che possono essere adottate sia dalle associazioni sportive dilettantistiche che dagli enti del terzo settore 

Risposta di: Gianpaolo CONCARI

Il voto ai minorenni nelle associazioni, seppure mediato da chi ne esercita la responsabilità genitoriale, è un tema tornato alla ribalta in fase di trasmigrazione nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (Runts) delle organizzazioni di volontariato (OdV) e delle associazioni di promozione sociale (Aps).
In tanti, compresi diversi centri di servizio del volontariato, in sede di revisione degli statuti, ritenendo corretta l’impostazione, basata sulla incapacità di agire del votante, non sono intervenuti sulle clausole limitative del voto ai maggiorenni.
Il successivo esame degli uffici Runts ha fatto emergere la criticità con conseguente richiesta di rimozione di tale limitazione.
L’impostazione deriva dalla nota n. 1309 del 06/02/2019 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (MLPS) che, basandosi su di un’ordinanza della Cassazione (sez. VI, 04/10/2017 n. 23228), ha aperto al voto degli associati minorenni, mediante l’intervento di chi ne esercita la responsabilità genitoriale.

Essendo giunti in redazione diversi quesiti in merito, con questo intervento si intende descrivere il caso, effettuare alcune considerazioni in merito e fornire alcune soluzioni che possono essere adottate sia in tema di associazioni sportive dilettantistiche (Asd) che di enti del terzo settore (ETS).

L’ordinanza della Cassazione citata parte da due principi sanciti in altrettante sentenze della Suprema Corte:

  • agli enti di tipo associativo si applicano le agevolazioni tributarie se i loro statuti si conformino alle clausole riguardanti la vita associativa (Cass. sez. 5, Sentenza n. 4872 del 11/03/2015, Rv. 634692 – 01)
  • in caso di contestazione in tema di agevolazioni fiscali, spetta al contribuente l’onere di provare i presupposti dell’agevolazione stessa (Cass. sez. 5, Sentenza n. 21406 del 30/11/2012, Rv. 624363 – 01)

per poi introdurne un terzo, secondo il quale il diritto al voto in assemblea non può essere limitato ai soli associati maggiorenni non essendo giuridicamente corretto ravvisarne un’eccezione nella circostanza che si trattasse di persone minori, posto che essi sono rappresentati ex lege dai genitori ovvero dal responsabile genitoriale.
Il tutto senza alcun approfondimento del concetto di democraticità nell’ambito degli enti di tipo associativo.

È importante puntualizzare qui che la questione – ancorché l’ordinanza citata riguardi un contenzioso tra l’Agenzia delle entrate e una a.s.d. – non attiene alle sole associazioni sportive dilettantistiche bensì a tutti gli enti di tipo associativo che intendano avvalersi dei regimi fiscali agevolati, i cui presupposti sono contenuti nell’art. 148 T.U.I.R. e nell’art. 4 d.p.r. 633/72 che esprimono le condizioni statutarie minime, rispettate le quali, è possibile accedere a tali regimi.

A parere di chi scrive vi è democraticità (in un ente di tipo associativo) quando gli associati possono partecipare tanto al voto attivo (nelle riunioni assembleari degli associati) quanto a quello passivo (cariche elettive).

Il tema da sviluppare perciò è: come coniugare la condizione di incapacità di agire del minore e la sua partecipazione alle vicende democratiche della vita associativa?

Alcune precisazioni appaiono necessarie per rispolverare i concetti base della capacità giuridica e della capacità di agire:

  • la prima è la capacità di essere titolare di diritti e di obblighi che si acquisisce al momento della nascita;
  • la seconda è la capacità di poter disporre di tali diritti mediante rapporti giuridici che si acquisisce con il compimento del 18° anno di età.

La condizione del minorenne perciò è diversa da quella dell’interdetto e dell’inabilitato, condizioni che precludono l’accesso alle cariche amministrative indicate all’art. 2382 cod.civ. 1, richiamato nell’art. 26, d.lgs. 117/2017 in tema di enti del terzo settore.

Il minorenne infatti è incapace di agire ma la sua condizione non discende dalla sua interdizione o inabilitazione, bensì dalla sua età che il legislatore ha posto come limite per considerarlo pienamente responsabile. È perciò una condizione altra rispetto a quelle invocate nell’art. 2382 cod.civ..
Del tema specifico, nelle ricerche effettuate, non vi è traccia a livello di giurisprudenza.

A parere di chi scrive perciò, la condizione del minore non rende impossibile la sua elezione alle cariche amministrative.
È la sua incapacità di agire che rende, nella pratica, l’esercizio della funzione particolarmente complesso.
In altri termini: possiamo impiegare molte energie per studiare e analizzare il fenomeno, ma se si ottengono solo soluzioni teoriche, queste troveranno scarsa applicazione nella realtà.

Se nello svolgimento delle assemblee degli associati il minore può essere rappresentato da chi ne esercita la responsabilità genitoriale (intendendo quindi i genitori o il tutore nominato dal giudice), lo stesso non si può dire nelle riunioni del consiglio direttivo.

Merita perciò un po’ di attenzione anche l’esercizio della responsabilità genitoriale che qui si prova a declinare su un piano di praticità d’uso.
Nell’esercizio della responsabilità genitoriale potrebbero infatti sorgere problemi nel caso di separazione o divorzio dei coniugi o di semplice loro disaccordo sulle materie all’ordine del giorno.

Quindi se nelle assemblee degli associati il “disaccordo” tra chi esercita la responsabilità genitoriale, sostanzialmente, non comporta effetti patrimoniali nella sfera giuridica del minore, lo stesso non si può dire per le decisioni prese dal consiglio direttivo, soprattutto se si tratta di associazioni non dotate di personalità giuridica.
All’interno del consiglio direttivo, il voto favorevole di chi esercita la responsabilità genitoriale, per esempio, per l’acquisto di un immobile con annessa accensione di un mutuo, potrebbe ben ledere il patrimonio del minore, posto che in caso di insolvenza dell’associazione, questa non gode della preventiva escussione del patrimonio con la conseguenza che il minore si troverebbe a rispondere anche con il proprio patrimonio o meglio quello della famiglia.
Un’ulteriore responsabilità graverebbe anche su chi, nella specifica situazione, ha posto in essere il negozio giuridico in considerazione che gli atti di straordinaria amministrazione possono essere posti in essere solo per necessità o utilità evidente del minore e previa autorizzazione del giudice tutelare.

In una situazione come questa, a parere di chi scrive, il rappresentante del minore potrebbe astenersi dal voto, con il che il minore sarebbe tutelato (il suo rappresentante non avrebbe responsabilità dell’investimento) ma la sua funzione all’interno del consiglio direttivo ne uscirebbe certamente sminuita: in altri termini quale sarebbe lo scopo pratico della presenza di un minore (rectius: del suo rappresentante) all’interno del consiglio direttivo se poi potrebbe esercitare il potere decisionale in modo assai limitato?

Come si vede, in linea di principio avremmo sì raggiunto la tanto agognata democraticità degli enti di tipo associativo ma a scapito di una scarsa incisività della presenza del minore in tema decisionale.

Come se ne esce?

Per le associazioni sportive dilettantistiche la situazione può essere risolta tesserando gli atleti minori di età e associando chi ne esercita la responsabilità genitoriale. In questo modo l’atleta continuerebbe a svolgere la propria attività sportiva senza alcun problema e l’associazione avrebbe solo persone con piena capacità giuridica sia in assemblea che nel consiglio direttivo.

Per gli ETS la situazione potrebbe essere risolta nel senso che il minorenne potrebbe partecipare all’attività associativa in qualità di volontario mentre uno o entrambi i genitori potrebbero essere ammessi in qualità di associati dell’associazione agendo però in proprio e non in qualità di rappresentanti legali del minore. La soluzione proposta va poi declinata in funzione della possibilità che il minorenne possa effettivamente svolgere la propria attività come volontario in ambiti dove invece è richiesta la maggiore età: per esempio nelle attività da svolgere in ambito ospedaliero o sulle ambulanze.

Stante l’orientamento ministeriale, espresso nella già citata nota n. 1309/2019, le associazioni dovranno uniformare i propri statuti in tal senso per non vedersi respingere la richiesta di iscrizione al Runts.

Sarà quindi sufficiente inserire nello statuto le disposizioni che consentano l’accesso all’associazione a tutte le persone che condividono lo spirito e le attività associative, senza far riferimento alla maggiore età del richiedente l’ammissione all’associazione.

Fonte Fisco e Sport

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *